sabato 2 maggio 2015

Recensione: The Evil Within (PC, PS4, PS3, Xbox 360, Xbox One)

Dopo aver visto nascere, crescere e morire la saga di Resident Evil, eccoci con una nuova IP che pare stia facendo storcere il naso ai più ma anche far saltar di gioia pochi eletti (incluso il sottoscritto).
The Evil Within (TEW da ora in poi), non sarà mai eletto gioco dell’anno, non apporta grandi innovazioni al genere e probabilmente verrà dimenticato tra poco, eppure ha saputo conquistare diverse fette del popolo videogiocante grazie a atmosfere oppressive e malate, scelte di gameplay azzeccate e una trama tutto sommato coinvolgente, ma andiamo con ordine.

WELCOME TO THE WORLD OF SURVIVAL HORROR
La storia è ambientata nella fittizia città di Krimson City, sede fra le altre cose di un manicomio dove pare sia avvenuta una strage dello staff e pazienti. A indagare vengono mandati i detective Sebastian Castellanos, Joseph Oda e Julie Kidman. Il primo, che rappresenta il nostro alter-ego nel gioco, verrà improvvisamente e brutalmente catapultato in un mondo perverso e violento a metà fra l’onirico e il reale,  e solo attraversando e sopravvivendo ad esso, il nostro eroe riuscirà a far luce sulla vera natura degli avvenimenti accaduti nella struttura.
Non brillerà mai per originalità, però la trama regge sotto il suo (a volte contorto) peso. L’avventura è suddivisa in capitoli ed è chiara la volontà degli sviluppatori di tenere il giocatore confuso e spaesato per la prima mezza dozzina di essi, per poi iniziare a rispondere alle domande sino al cataclismatico finale. Un punto a sfavore del gioco è dovuto ai personaggi principali, purtroppo di una piattezza inimmaginabile a partire dal protagonista. Sebastian accetta le improbabili situazioni in cui si trova con una facilità disarmante e non sembra minimamente turbato dalle mostruosità che vede intorno a se e ciò mi ha dato non poco fastidio. Non dico di volere impersonare uno che si strappa i capelli per l’orrore in cui vive, ma è irreale che trovarsi in mezzo a uomini deformati e aggressivi che non vanno giù neanche con un headshot e sentir esclamare solo: “My God…”.
Discorso simile ma meno fastidioso per i personaggi secondari e antagonisti. Joseph rappresenta lo stereotipo del compagno controllato dall’IA idiota e controproducente, con dialoghi dimenticabili e lato umano appena accennato, Kidman invece è secondo me il personaggio più riuscito proprio perché non viene esplorato quasi per niente, sai solo che è più di quello che lascia a vedere e curiosamente ti va bene così. Il cattivone non mi ha pienamente convinto però riesce ad affascinare abbastanza, e nonostante le sue motivazioni non siano proprio il massimo e i mezzi forse eccessivi, ho saputo apprezzare il tentativo di far empatizzare il videogiocatore con lui, per quanto questo sia riuscito a metà.

MAAAAA... SI GIOCA BENE?
Scansato il discorso contenutistico, vediamo il gameplay. L’ultimo gioco di Shinji Mikami che fece gridare al miracolo fu il caro vecchio Resident Evil 4, vediamo che TEW presenta curiosamente dei passi avanti rispetto ad esso, ma anche dei notevoli passi indietro. Il paragone con RE4 è dovuto perché è notevole in moltissime scelte di design la somiglianza tra i due titoli, primo fra tutti il sistema di potenziamento delle armi del personaggio, le animazioni e le strategie attuabili contro i nemici. Implementata la possibilità di sparare in movimento, rimaneva poco altro da aggiungere e il gioco avrebbe fatto la sua porca figura, invece ci troviamo di fronte a certe meccaniche che alle difficoltà più basse risultano fastidiose, ma per le modalità Incubo e AKUMU faranno davvero tirare giù i santi. Nello specifico secondo me è stato male implementato il sistema di priorità degli eventi durante il gioco, mi spiego meglio: in RE4 se io, mentre combatto un nemico, salto una staccionata, avvio un’animazione che rende il mio personaggio invincibile per quei pochi frames e questo exploit venne usato non poco per facilitare la vita ai giocatori. Qui osserviamo l’opposto ma a livelli a dir poco malvagi. Spesso e volentieri capiterà di scappare dai posseduti attraverso una scala a pioli e, sebbene la logica ci dica che siamo in salvo a diversi metri dal pericolo, qualora un nemico attacchi, riceviamo comunque danno e ciò risulta estremamente deleterio nella modalità di gioco AKUMU (dove un colpo qualunque basta a ucciderci). Altro grave difetto che si nota sempre di più nella sopracitata modalità è l’eccessivo sbilanciamento nella pericolosità dei nemici. Per riassumere: ZOMBIE CON MITRAGLIATORI NON E’ UNA BELLA PENSATA!
Apprezzata anche se non implementata a fondo la componente stealth del titolo, efficace per risparmiare le (poche) munizioni in nostro possesso e fondamentale alle più elevate difficoltà, mi è sembrato un venire incontro alla moda del momento di permettere al giocatore la capacità di nascondersi in armadi e sotto i letti. Personalmente non approvo questa meccanica e in un gioco dove comunque hai la capacità di contrattaccare mi è sembrata un po’ fine a se stessa, ma sono pur sempre mie opinioni.
Carine e abbastanza divertenti le boss battles, ricche di strizzate d’occhio ai giochi del genere (l’ovvio Dr. Salvador o il più sottile richiamo al Pyramid Head di Silent Hill) e a volte veramente paurose. Peccato per l’anticlimatico boss finale per il quale non è richiesta alcuna preparazione in ambito munizioni, apparte ciò ho decisamente apprezzato la scarsità di queste ultime, che non ha mai pregiudicato l’esperienza ma ha sempre tenuto alto il livello di tensione. TEW è un survival horror a pieno titolo? Direi di sì. I mezzi a disposizione non sono mai abbondanti e un livello in particolare è particolarmente carico di momenti da far sudare freddo e ciò ovviamente non è che un bene in quest’epoca dove o si fanno jumpscares a manetta (I’m looking at you, Outlast) o il gioco non fa paura.


E LA G-G-GRAFICA??
Tecnicamente parlando il gioco sa farsi apprezzare, il motore usato è l’idTech 5 (Rage, Wolfestein) e offre notevoli visuali con apprezzabili effetti in campo particellare e di illuminazione (sin dal menù iniziale). Si nota la volontà degli sviluppatori di dare un taglio cinematografico al gioco tramite un aspect ratio standard di 21:9 con tanto di bande nere, peccato che la comunità videoludica dopo pochi giorni dall'uscita si sia adoperata per rimuovere tale effetto, anche perchè riduceva il campo visivo del giocatore alterando in maniera negativa l'esperienza di gioco. Altra scelta infelice è stata quella di mettere volontariamente un limite massimo di 30 fps, sempre per il discorso cinematografico. Sia questa che la scelta precedente sono state rese opzionali con una patch ufficiale.
 Infine devo mio malgrado citare un orrendo effetto di popup delle textures che però sembra essere dovuto al motore stesso e non agli sviluppatori di Tango Gameworks, in pratica capiterà sovente che le textures di un dato elemento della scena (scatole, porte, muri, ecc.) vengano caricate dopo diversi secondi che si rimane fermi ad osservare il suddetto elemento e ciò può dare molto fastidio, specialmente su pc dove simili episodi non dovrebbero mai verificarsi…

AUDIO DA PAURA
Il sonoro è molto coerente con le atmosfere e fondamentale per godersi l’avventura, in quando i diversi effetti sonori emessi dai nemici ci notificheranno il nostro grado di discrezione (volendo è attivabile un aiuto visivo che ci mostra quando il nemico ci sta cercando o ci ha individuato, ma onestamente l’ho trovato superfluo). Il gioco è doppiato in italiano, tuttavia ho trovato il doppiaggio decisamente poco ispirato e ho preferito adottare l'inglese, a mio avviso più realistico. Le musiche contribuiscono a seconda della situazione a pompare il giocatore o a farlo sentire a suo disagio specialmente durante le boss battles. Ben fatto!

ORE E ORE E ORE DI SOFFERENZA
La longevità secondo me è perfetta. Un primo giro ignorante consentirà di concludere la storia in circa 12 ore senza far sentire il giocatore troppo appesantito. Tralasciando i vari achievements e le difficoltà superiori, non si hanno ulteriori contenuti New Game+ se non la possibilità di rigiocare l’avventura con l’equipaggiamento della precedente partita (giusto per togliersi lo sfizio di uccidere qualunque cosa ci si pari davanti dopo ore spese a scappare). Il prosieguo narrativo è elargito tramite 3 DLC, di cui 2 dal punto di vista di uno dei personaggi secondari, mentre il terzo più ironico dal punto di vista di uno dei bosses.

In conclusione abbiamo un titolo che non è un’occasione mancata in pieno. Poteva essere un capolavoro? Assolutamente sì, ma ciò non vuol dire che non sia una splendida esperienza che saprà dare notevoli soddisfazioni sia ai nuovi giocatori assetati di azione e gameplay frenetici, sia ai gamers di vecchia data, magari più riflessivi e che preferiscono procedere apprezzando l’arte dietro prodotti come questo.

VOTO: 8


2 commenti:

  1. A me è piaciuto molto,anche se dal capitolo 2 in poi lo stealth svanisce,comunque mi sono piaciuti anche i riferimenti a Resident Evil. Bella recensione :D

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  2. Riprova a giocarlo nella modalità akumu. Li muoversi senza farsi notare diventa fondamentale a livelli quasi intollerabili.
    Grazie ;)

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