“Con questo
capitolo segniamo il ritorno della saga alle sue radici”. Ormai troppe volte
CAPCOM ha incluso questa frase durante l’annuncio dell’ennesimo capitolo di
Resident Evil, a volte ha mantenuto, a volte no. Resident Evil Revelations 2
rappresenta un passo nella giusta direzione ma mi addolora constatare quanto
certe scelte abbiamo declassato questo titolo da piccolo capolavoro di nicchia
a gioco piacevole ma dimenticabile. Il titolo si presenta suddiviso in 4
capitoli, con distribuzione da ‘telefilm’ seriale che risulta essere inutile e
fastidiosa e che dovrebbe essere abbandonata il prima possibile da chiunque
abbia pensato che sia una buona idea avere alla fine di ogni livello le
anticipazioni di quello successivo o il recap di quanto appena giocato. Come
ultima nota introduttiva vorrei aggiungere che non riesco a capire in che
direzione stia andando la saga tra spin-off e serie principali e soprattutto a
cosa faccia riferimento il sotto-titolo ‘REVELATIONS’, visto che sia in questo che
nel capitolo precedente non credo ci siano state queste grandissime
rivelazioni, ma partiamo con ordine.
MA DI CHE STIAMO PARLANDO?
Cronologicamente
situato tra RE5 e RE6, il gioco si snoda in due archi separati 6 mesi l’uno
dall’altro (un po’ come nell’ultimo capitolo ufficiale) e vede l’alternarsi
delle avventure di due coppie di personaggi. La prima coppia di protagonisti si
trova contro la sua volontà in un’isola sconosciuta al largo delle coste russe
ed è composta dalla veterana Claire Redfield, sorella di Chris, e Moira Burton,
al suo debutto nella saga canonica e figlia dell’adorato Barry che per i
cultori della serie rappresenta la principale fonte delle battute più ilari
visti nei capitoli precedenti. Le due appartengono a ‘TerraSave’,
un’associazione non-gov dedicata al supporto delle persone e popolazioni
colpite da attacchi bioterroristici. Si può pensare ad essa come la risposta
soft alla più aggressiva B.S.A.A. protagonista dei precedenti capitoli. Ad ogni
modo le due vengono rapite assieme ad altri membri e trascinate in un luogo
oggetto di precedenti sperimentazioni dove dovranno sopravvivere sia ai
numerosi nemici sia a trappole ed enigmi spesso mortali.
La seconda coppia è
composta dal padre di Moira, Barry Burton e da Natalia. Quest’ultima è una
prigioniera dell’isola che il primo incontra appena arrivato e di cui si farà
carico della sua protezione per tutta l’avventura mentre cerca di salvare la
figlia. La trama non griderà al miracolo ma presenta diversi colpi di scena,
alcuni assolutamente predicibili, altri un po’ meno, altri ancora che aspetti
sin da metà gioco e ti chiedi quando li faranno vedere per poi lasciarti con
l’amaro in bocca (o no?). Infine mi dispiace constatare che secondo me non si è
tenuta fedele alle premesse: sin dalle prime battute si capisce che la tematica
del titolo sia basata sui concetti di paura e di cambiamento (o metamorfosi), queste
potevano essere il motore portante di meccaniche innovative sia a livello di
trama che di gameplay, invece tali concetti rimangono sullo sfondo e sono riportati
alla mente solo grazie ai vari files e dialoghi sparsi per l’avventura.
Peccato.
MA I PERSONAGGI?
Qui si inizia già
ad accusare delle note dolenti, a partire dai personaggi. Sin dalle prime
battute non sarà difficile per il giocatore iniziare a provare una certa antipatia
per la dolce Moira, caratterizzata a livello estetico e caratteriale come la
tipica adolescente sboccata e irrispettosa degli adulti (specialmente del
padre) ma che fortunatamente durante il gioco subirà dei cambiamenti che la
renderanno un po’ più apprezzabile. Come la figlia, anche il buon signor Burton
ha risentito un po’ degli anni passati a giacere nell’ombra e a mio dire non
rispecchia quello visto nell’ormai storico primo capitolo, specialmente a
livello di dialoghi. Questi rappresentano per me uno dei veri difetti del
titolo: cheesy, innaturali e fuori luogo, le battute che i protagonisti si
scambiano sembrano spesso un pretesto per far vedere al giocatore non americano
la varietà di parolacce che sono riusciti a inventarsi nel corso di 400 anni di
storia. Per far capire al lettore, viene riportato un breve estratto di questo
scempio:
- Fucking technology!
- Yeah! Fuck it right up in the ass! (ridendo)
Ok che il titolo
non ha assolutamente la pretesa di portare chissà quale illuminazione culturale
a chi ne usufruisce, ma in diverse situazioni ha rovinato molte scene che di
per sé sarebbero state piacevolmente epiche, riducendole invece a grandi
momenti di WTF interiore che complessivamente hanno sminuito la soddisfazione
nel portarlo al termine. Ci si riprende un po’ nel finale con una citazione dei
precedenti capitoli che mi ha fatto letteralmente gridare di gioia.
CI SONO GLI EFFETTI PARTICELLARI??
A livello tecnico
nulla da dire in bene o in male. La grafica si presenta leggera e piacevole,
senza particolari effetti speciali al di fuori dell’effetto graniglia che ormai
va tanto di moda nei giochi ritenuti survival horror ma che per me
rappresentano solo 15 minuti che dovrò spendere a cercare un modo per
disattivarlo (opzione non prevista nelle impostazioni del gioco). I personaggi
sono modellati abbastanza fedelmente rispetto alle precedenti apparizioni e
quelli nuovi risultano comunque abbastanza caratterizzati, sebbene dia un po’
fastidio la mancanza di un minimo di sincronia labiale durante i dialoghi. Le cutscenes non faranno gridare al miracolo
ma comunque le ho apprezzate molto, specialmente a livello di animazioni
facciali.
CAVOLO CHE SOUND!
La colonna sonora
riprende in parte quella del capitolo precedente, confermandosi adatta allo
scopo senza però fare breccia nel cuore del giocatore, che se ne dimenticherà
appena finito. I nemici hanno urli e versi caratteristici che aiutano
nell’identificazione, in particolare uno di questi sarà assolutamente
fondamentale per il combattimento e ha rappresentato uno dei punti più alti
dell’intero gameplay. Scandalo fu causato dal cambio della storica doppiatrice
di Claire, ma personalmente credo che la nuova arrivata abbia comunque compiuto
un ottimo lavoro, a differenza dell’antagonista principale e di Natalia, la cui
natura kawaii viene leggermente snaturata appunto dalla voce un po’ poco emotiva...
LEGNOSO O NO?
La giocabilità si
presenta su buoni livelli, con l’abbandono dell’orribile meccanica di schivata
del primo Revelations, sostituita da una decisamente più utile e che spesso
salverà la vita del personaggio, specialmente contro i boss. Il gioco prevede
la possibilità di alternare il controllo rispettivamente tra Claire/Barry e
Moira/Natalia, questo per permettere sia la risoluzione di enigmi (abbondanti
ma tranquillamente abbordabili), sia la pianificazione di strategie di
battaglia che tuttavia risentiranno della deficienza di IA del personaggio non
controllato. I nemici infine sono vari e abbastanza angoscianti, anche se molti
di loro avranno una sorta di bersaglio disegnato sul corpo con scritto sopra
“colpisci qui per farmi veramente male”, altri invece saranno veramente tosti e
faranno passare dei brutti (bei?) momenti al giocatore incallito, specialmente
considerando che alle modalità di gioco più difficoltose, sarà raro avere più
di una manciata di proiettili, caratteristica questa ben apprezzata da chi,
come me, piace anche dover gestire con intelligenza le poche risorse
disponibili. Infine si nota una certa coesistenza tra la campagna di Claire
(temporalmente situata nel passato) e Barry, in quanto le azioni compiute dalla
prima con la sua compagna andranno a influenzare l’avventura del secondo, in
particolare il numero di nemici da affrontare e l’ottenimento di armi e
munizioni.
DURA TANTO?
La longevità si
attesta sulle 6-8 ore, in particolare 4 capitoli ciascuno da un’oretta circa
per personaggio. Particolarmente corta quindi, ma ricompensata da un elevato
tasso di rigiocabilità e dalle modalità sbloccabili dopo il completamento della
campagna. Questo, sommato ai due DLC disponibili e alla modalità RAID, rende
Revelations 2 come un titolo complessivamente lungo.
MA QUINDI CHE MI STAI DICENDO?
In sintesi questo capitolo rappresenta per me una grande occasione mancata. Il gioco in sé diverte e motiva l’utente a finirlo più e più volte per sbloccare la pletora di ricompense e ulteriori modalità di gioco. Anche i nemici tutto sommato originali e ognuno con la propria meccanica per poter essere sconfitti stimolano il giocatore a ragionare un minimo, il tutto condito da un’ottima economia delle munizioni che si fa sentire a partire dal livello di difficoltà ‘Survivor’. Parlando dei difetti, non penso ovviamente ai contenuti di livello tecnico perché non sono mai stati il punto di forza della saga, più che altro alle scelte fatte in fase di caratterizzazione dei personaggi poco chiare o fini a sé stesse: non fanno ridere, non fanno piangere e (con le dovute sporadiche eccezioni) non coinvolgono il giocatore, che finisce alla fine per disinteressarsi del fato di questi. Anche la trama aveva del potenziale da cui attingere, in una saga che ormai si basa solo sull’ennesimo outbreak di un virus, il concetto di paura poteva essere impiegato in maniera più attiva nelle meccaniche di gioco (per dirne una, come fece a suo tempo ‘Amnesia’) o quantomeno che desse spunti di riflessione al giocatore. Infine la scelta di aprire un filone narrativo che ebbe la sua gestazione nel lontano Resident Evil 5 e di chiuderlo brutalmente in un capitolo (o forse no?) rappresenta l’ennesima zappa sui piedi di CAPCOM, che si è rimosso da solo uno dei pochi motivi che potessero invogliare esperti ammazza-zombie ad investire altra pecunia nei successivi capitoli di questa saga.
VOTO: 7 / 10
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